martedì 28 aprile 2009

La città che non c’è

Le campagne elettorali sono momenti importanti nella vita di una città. Perché, per forza di cose, alla vigilia delle elezioni il confronto fra idee e progetti diventa più serrato e appassionante. Anche questa volta il dibattito è stato a tratti interessante, però forse non quanto mi sarei aspettato alla vigilia. Più d’una volta mi è capitato infatti di dovermi confrontare con un’idea di città distorta o, più esattamente, con una “città che non c’è”. Una città-slogan, facile da farci un titolo di giornale, ma inconsistente quando la guardi da vicino e con attenzione.
Voglio fare solo qualche esempio. Prendiamo il “Buco Tosolini”. Pino Morandini s’è fatto immortalare lì davanti per denunciare “l’assurdo spreco di terreno in un’area centrale della città”. Si è dimenticato di dire purtroppo che, grazie a un accordo siglato definitivamente dalla commissione urbanistica nel 2006, in quell’area oggi si può costruire un palazzo da circa 30 mila metri cubi previa cessione al Comune di 2.700 metri quadrati da destinare a servizi pubblici. A dire il vero, in qualità di assessore all’urbanistica, avevo individuato questa soluzione già nel 2002. Sulle prime però Tosolini ha rifiutato l’accordo, salvo poi cambiare idea e accettare tre anni dopo. Insomma, il problema del buco Tosolini – una questione che si trascina addirittura dal 1981, quando io ero un giovane universitario – noi l’abbiamo risolto, mica creato…
C’è poi la questione degli sprechi, cavalcata così, in modo generico, senza mai fare una cifra. Anzi no, un numero è stato buttato lì un paio di volte, ma è stato altrettanto velocemente archiviato perché era del tutto fuori bersaglio. Mi riferisco al presunto gigantismo del Comune di Trento che avrebbe 500 dipendenti in più del Comune di Bolzano. Vero, sennonché si è trascurato di aggiungere che la gran parte dei servizi sociali – dall’assistenza sociale, ai nidi, agli anziani – del capoluogo altoatesino sono gestiti da un’azienda speciale pubblica, l’Azienda servizi sociali di Bolzano, appunto. Ecco allora spiegati i 500 dipendenti in meno... Lo stesso discorso vale per le consulenze – un diluvio, secondo qualche mio avversario – ridotte al minimo del 2008 (l’anno scorso ammontavano a 130 mila euro, 250 mila in meno rispetto all’anno precedente).
Passiamo alla collina. Qualsiasi persona non in malafede sa che l’espansione nei sobborghi collinari è stata decretata decenni fa, quando la fame di case era tanta e la tutela del territorio non era certo la prima preoccupazione. E’ il 1967 quando il Pup stabilisce che la città si doveva allargare in collina, è il 1968 quando il prg recepisce questa indicazione senza purtroppo prevedere una viabilità adeguata. Il nuovo prg del 1989 conferma questa tendenza creando zone di espansione a Villamontagna, Borino, Martignano, Gazzadina, Montevaccino… Peccato che qualche candidato ignori (o finga di ignorare) questa importante pagina della storia cittadina. Peccato che non si ricordi mai che, da assessore all’urbanistica, in collina ho tagliato 500 mila metri cubi, ho ridotto le altezze e ho stabilito la larghezza minima delle strade (3, 5 o 4,5 metri a seconda delle cubature).
Potrei continuare ancora, perché “la città che non c’è” è fatta anche di sobborghi trascurati (negli ultimi anni abbiamo costruito o rinnovato 7 piazze, 8 parchi, 16 scuole e 11 spazi di aggregazione…), di scarsa attenzione alle famiglie (cito solo i posti nei nidi, che nel 2012 saranno 1500, praticamente un primato in Italia), di tariffe e tributi a iosa (abbiamo la pressione fiscale più bassa d’Italia), di insicurezza (enfatizzata ad arte). A pensarci bene però questa “città che non c’è” a qualcosa serve: serve ad avere qualcosa e qualcuno con cui prendersela…

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