martedì 22 settembre 2009

Il termovalorizzatore e la strategia dello struzzo

Mi pare che, ancora una volta, il dibattito politico sul termovalorizzatore venga alimentato dal centrodestra cittadino a colpi di slogan, di richieste di rinvio, di no a tutto campo. “Fermi tutti”, è il grido di guerra, ma fermi non possiamo stare, perché le nostre discariche si avviano all’esaurimento, perché non vogliamo esportare rifiuti, perché riteniamo che per rendere Trento sempre più moderna e competitiva servano soluzioni nuove e aggiornate. Certo, è facile alzare i polveroni, lanciare idee alternative fingendo di non sapere che nella nostra provincia sarebbero poco o per nulla efficaci. Più difficile è forse trovare soluzioni vere e produrre proposte concrete, in modo da non rinviare i problemi ai nostri figli, in modo da non condannare i trentini all’emergenza (ricordate Napoli?) tra non molti anni. Io credo che i cittadini ci chiedano di decidere e di non abbandonare il campo non appena la partita si fa complessa. Oltretutto, chi oggi mette in dubbio una decisione che dovremmo già dare come acquisita, sposta il dibattito dai temi veri. Ovvero: la scelta della migliore tecnologia possibile per limitare al minimo l’impatto ambientale, l’individuazione di compensazioni con l’eliminazione di altre fonti di inquinamento, l’ottimale inserimento paesaggistico.
Oltretutto, mi pare strano che il partito che a livello nazionale sta riportando il nucleare in Italia manifesti la propria contrarietà al termovalorizzatore facendo terrorismo sulle scorie e bollando il progetto come anacronistico. Si dimentica forse che le discariche oggi sono realtà da paesi in via di sviluppo e che, al contrario, gli impianti per il trattamento termico dei rifiuti sono stati inventati da quei paesi del nord Europa che per primi hanno intrapreso la strada della raccolta differenziata. Non a caso l’innovazione tecnologica nel campo dei termovalorizzatori ha compiuto passi da gigante, soprattutto per quanto riguarda l’abbattimento dei fumi. Basti pensare che stime dell’Agenzia per l’Ambiente inglese dicono che le emissioni di diossina generate da 35 tonnellate di fuochi di artificio “sparate” durante i festeggiamenti per il Millennio a Londra sono equivalenti a quelle che l’inceneritore londinese produrrebbe in 120 anni (fonte: Enviroment Agency 2000).
Un’ultima riflessione. Qualcuno non ha perso l’occasione per fare del facile quanto inutile sarcasmo quando io ho detto che occorre pensare non solo allo smaltimento dei rifiuti nei prossimi vent’anni (20 anni, come l’età media di un termovalorizzatore), ma anche oltre. A me invece la cosa pare molto, ma molto seria, anche perché conosco i tempi di incubazione di iniziative complesse come queste. Se poi la costruzione di un impianto di questo tipo dovesse coinvolgere non solo centinaia di comuni, ma pure due province, allora la partita si farebbe ancora più difficile. Il che non deve indurre a nascondere la testa sotto la sabbia sperando che le cose si aggiustino da sé. La strategia dello struzzo, a mio parere, non ha mai portato a nulla di buono.

mercoledì 6 maggio 2009

Grazie a tutti

Care concittadine, cari concittadini,
vi voglio innanzitutto ringraziare perché mi avete assegnato l’onore più alto a cui un trentino possa aspirare: l’onore di lavorare a tempo pieno per la nostra città e per i cittadini che la abitano. Per tutti i cittadini: per quelli che mi hanno votato, per coloro che hanno preferito un altro candidato e per quelli che domenica, per svariate ragioni, hanno disertato le urne. Sappiate che, qualunque sia stata la vostra scelta, io voglio essere il sindaco di tutti dimostrando nei fatti di meritare la fiducia che mi avete accordato o, se il vostro voto è andato ad altri, impegnandomi ad ascoltare e a valutare ogni vostra proposta, da qualsiasi parte essa provenga.
Il mio primo impegno, nei prossimi giorni, sarà proprio quello di ripartire dall’ascolto, sarà quello di stare a sentire i desideri, le speranze, le amarezze della nostra città. Vedete, io ritengo che a un sindaco non sia sufficiente la legittimazione che gli arriva il giorno del voto: il legame con la città va costruito e rinnovato quotidianamente, cercando di rispondere ai bisogni, non solo a quelli immediati e concreti, ma anche a quelli più immateriali, che spesso si traducono in paure, diffidenza, senso di sradicamento. Dunque, nei prossimi mesi, intendo visitare tutti i quartieri, incontrare le associazioni, le categorie economiche e tutti i cittadini che avranno un problema o un suggerimento da esporre. Spero che siano in molti anche a “frequentare” il mio blog (www.alessandroandreatta.blogspot.com), piazza virtuale che certo non sostituisce quella reale, ma può aiutare a tener vivi i legami e a ragionare insieme su quella cosa così importante che si chiama “bene pubblico”.
L’ascolto, dunque. E poi i provvedimenti concreti: la squadra di pronto intervento, per rispondere il più celermente possibile alla mamma che segnala una panchina rotta al parco o al cittadino che ha notato un lampione spento. E ancora: la family card, i mutui agevolati e tutti i provvedimenti a sostegno delle famiglie che più risentono di questa crisi economica. La mobilità, a cui dedicheremo tutto il nostro impegno per accorciare le distanze e per far diventare Trento una città più pulita e ordinata. I giovani, la sicurezza, la prevenzione del disagio, la semplificazione dei rapporti con i cittadini: su ognuno di questi temi cercheremo naturalmente anche la vostra collaborazione e quella delle forze politiche, senza preclusioni di schieramento.
Non mi sono mai presentato come l’uomo dei miracoli, mi considero piuttosto un ottimista della volontà. So che la democrazia può essere faticosa, che alcune sfide possono sembrare impossibili ma, per carattere ed esperienza, credo pure che l’impegno possa portare lontano e che la mediazione sia sempre possibile, anche quando le posizioni sono all’apparenza inconciliabili. Sono dunque certo che, tutti insieme, faremo crescere ancora la nostra città. Già oggi molti la considerano un modello, ma noi non abbiamo alcuna intenzione di sederci sugli allori perché sappiamo che, a guardare le cose da vicino, c’è ancora molto da fare. Proprio sui punti deboli, sulle disparità, sui progetti da avviare o terminare lavoreremo tutti insieme, cittadini e amministratori, perché ci sentiamo responsabili non solo di questo nostro presente ma anche della città futura che consegneremo alle prossime generazioni.
“Quando un passero muore a Central Park, io mi sento responsabile”, diceva Fiorello La Guardia, sindaco italoamericano di New York. Mi piacerebbe che fosse questo lo spirito con cui noi tutti - la Giunta, il Consiglio comunale, le Circoscrizioni, le donne e gli uomini di questa città - affronteremo le sfide che ci attendono nei prossimi anni.

Ancora grazie per la fiducia

giovedì 30 aprile 2009

Io stringo la mano alla mia città

Sono gli ultimi metri quelli che ormai ci separano dal traguardo. In queste settimane abbiamo corso insieme una lunga maratona, ormai si vede il nastro di arrivo. Sono state giornate dense di impegni, di incontri, di confronti che mi hanno dato modo di capire, se ancora ce n’era bisogno, quanto sia vivo e vitale il senso di appartenenza a questa città. Quello che vogliamo costruire è un progetto condiviso per una Trento solidale, rispettosa delle regole, aperta, ordinata. Una città di tutti, capace di garantire pari opportunità a prescindere dal reddito e dalla provenienza, una città in cui nessuno rimane indietro, dove nessuno resta solo. Ho potuto toccare con mano in queste settimane quanta voglia ci sia, ancora, di mettersi in gioco, quanta energia da spendere per realizzare questa idea condivisa di città. Non la mia, la nostra.
È proprio questa forte sensazione di condivisione, che nasce dal confronto con i cittadini, dal dialogo con la società civile che mi appare sinceramente un po’ tardivo e poco originale l’idea di chi si appresta a firmare un contratto per la città. Il contratto a mio modo di vedere è infatti qualcosa che regola i rapporti tra estranei, tra persone che proprio perché poco si conoscono hanno bisogno di mettere nero su bianco il loro patto. Non è il nostro caso. Al contratto io preferisco una sincera stretta di mano. Che conta di più di mille firme perché si basa sulla fiducia reciproca, quel legame forte e autentico che lega le persone, i cittadini alla propria città. La fiducia la si conquista con i fatti, non con le semplici dichiarazioni, con il rispetto reciproco, con la coerenza.
Sarà l’amministrazione dell’impegno concreto, in grado di guardare al futuro e gestire il quotidiano. Ci metteremo al lavoro da subito, con una lista di quattro priorità da realizzare nei primi cento giorni.

Per una città efficiente squadra d’intervento snella e operativa sul territorio per dare risposte rapide ai cittadini sui problemi spiccioli: il lampione che non va, la panchina rotta al parco, la buca da sistemare

Un pacchetto di misure contro la crisi economica: family card, mutui agevolati, cabina di regia guidata dal Comune con le associazioni di categoria e gli istituti di credito presenti sul territorio. Raddoppio del mercato contadino

Per migliorare la mobilità il metrò: studio di fattibilità per una linea leggera e automatizzata da Trento nord al nuovo ospedale

Per un’amministrazione vicina ai cittadini operazione ascolto: visite a tutti i quartieri per raccogliere suggerimenti, proposte e proteste. Incontri con tutte le categorie economiche per definire una lista di interventi prioritari in modo da aiutare le imprese, soprattutto quelle artigianali e commerciali

mercoledì 29 aprile 2009

L'appello al voto di Alberto Pacher

Pubblico sul mio blog l'appello al voto di Alberto Pacher.
Non è vero che tutti i politici sono uguali, che chiunque vinca tanto non cambia nulla, che a Trento si sta e starà bene comunque, qualunque sia il colore della giunta che governerà Palazzo Thun. Anche se le elezioni non sono il giorno del giudizio, credo sia giusto sottolineare le differenze tra lo schieramento che sostiene Alessandro Andreatta e i suoi principali sfidanti, per lo più appartenenti al centrodestra.
Tutti noi che ci riconosciamo nel centrosinistra autonomista siamo per una politica laica che, proprio perché laica, è in grado di dialogare con tutti, al di là delle appartenenze culturali e religiose. Noi siamo per una politica che non alimenta i conflitti, che non esaspera le differenze e non esclude, ma cerca piuttosto di allargare i confini della comunità. Noi siamo per la sicurezza, che è sì presidio del territorio, ma è anche prevenzione, ovvero dormitori per i senza fissa dimora, aiuti alle persone in difficoltà, progetti per fare in modo che le persone non scivolino nell’emarginazione o nella devianza. Noi siamo per l’uguaglianza delle opportunità, per la valorizzazione delle competenze, per le culture, che sono sempre plurali.
Anche il centrosinistra autonomista, pur essendo unitario e coeso, è plurale e porta in dote una serie di sensibilità che ben interpretano le variegate componenti della nostra città. L’attenzione al sociale, alla legalità, all’ambiente, all’identità trentina, alla laicità e ai valori cattolici sono tutti ugualmente rappresentati nella coalizione e ne costituiscono la forza e la ricchezza.
Per questo spero che siamo in tanti, domenica, a scegliere Alessandro Andreatta e il centrosinistra autonomista. A chiedere la continuità, a decidere che Trento deve continuare a crescere. A votare non per la paura, ma per quella cosa più difficile e faticosa che si chiama speranza.
Alberto Pacher

martedì 28 aprile 2009

La città che non c’è

Le campagne elettorali sono momenti importanti nella vita di una città. Perché, per forza di cose, alla vigilia delle elezioni il confronto fra idee e progetti diventa più serrato e appassionante. Anche questa volta il dibattito è stato a tratti interessante, però forse non quanto mi sarei aspettato alla vigilia. Più d’una volta mi è capitato infatti di dovermi confrontare con un’idea di città distorta o, più esattamente, con una “città che non c’è”. Una città-slogan, facile da farci un titolo di giornale, ma inconsistente quando la guardi da vicino e con attenzione.
Voglio fare solo qualche esempio. Prendiamo il “Buco Tosolini”. Pino Morandini s’è fatto immortalare lì davanti per denunciare “l’assurdo spreco di terreno in un’area centrale della città”. Si è dimenticato di dire purtroppo che, grazie a un accordo siglato definitivamente dalla commissione urbanistica nel 2006, in quell’area oggi si può costruire un palazzo da circa 30 mila metri cubi previa cessione al Comune di 2.700 metri quadrati da destinare a servizi pubblici. A dire il vero, in qualità di assessore all’urbanistica, avevo individuato questa soluzione già nel 2002. Sulle prime però Tosolini ha rifiutato l’accordo, salvo poi cambiare idea e accettare tre anni dopo. Insomma, il problema del buco Tosolini – una questione che si trascina addirittura dal 1981, quando io ero un giovane universitario – noi l’abbiamo risolto, mica creato…
C’è poi la questione degli sprechi, cavalcata così, in modo generico, senza mai fare una cifra. Anzi no, un numero è stato buttato lì un paio di volte, ma è stato altrettanto velocemente archiviato perché era del tutto fuori bersaglio. Mi riferisco al presunto gigantismo del Comune di Trento che avrebbe 500 dipendenti in più del Comune di Bolzano. Vero, sennonché si è trascurato di aggiungere che la gran parte dei servizi sociali – dall’assistenza sociale, ai nidi, agli anziani – del capoluogo altoatesino sono gestiti da un’azienda speciale pubblica, l’Azienda servizi sociali di Bolzano, appunto. Ecco allora spiegati i 500 dipendenti in meno... Lo stesso discorso vale per le consulenze – un diluvio, secondo qualche mio avversario – ridotte al minimo del 2008 (l’anno scorso ammontavano a 130 mila euro, 250 mila in meno rispetto all’anno precedente).
Passiamo alla collina. Qualsiasi persona non in malafede sa che l’espansione nei sobborghi collinari è stata decretata decenni fa, quando la fame di case era tanta e la tutela del territorio non era certo la prima preoccupazione. E’ il 1967 quando il Pup stabilisce che la città si doveva allargare in collina, è il 1968 quando il prg recepisce questa indicazione senza purtroppo prevedere una viabilità adeguata. Il nuovo prg del 1989 conferma questa tendenza creando zone di espansione a Villamontagna, Borino, Martignano, Gazzadina, Montevaccino… Peccato che qualche candidato ignori (o finga di ignorare) questa importante pagina della storia cittadina. Peccato che non si ricordi mai che, da assessore all’urbanistica, in collina ho tagliato 500 mila metri cubi, ho ridotto le altezze e ho stabilito la larghezza minima delle strade (3, 5 o 4,5 metri a seconda delle cubature).
Potrei continuare ancora, perché “la città che non c’è” è fatta anche di sobborghi trascurati (negli ultimi anni abbiamo costruito o rinnovato 7 piazze, 8 parchi, 16 scuole e 11 spazi di aggregazione…), di scarsa attenzione alle famiglie (cito solo i posti nei nidi, che nel 2012 saranno 1500, praticamente un primato in Italia), di tariffe e tributi a iosa (abbiamo la pressione fiscale più bassa d’Italia), di insicurezza (enfatizzata ad arte). A pensarci bene però questa “città che non c’è” a qualcosa serve: serve ad avere qualcosa e qualcuno con cui prendersela…

Nel numero di aprile di AnciRivista...

Di seguito il mio intervento pubblicato sul numero di aprile di AnciRivista, il mensile dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani.


Visione aperta e nuova

Dopo la riforma istituzionale approvata dalla Provincia di Trento due anni e mezzo fa, credo sia arrivato il momento di cercare un nuovo modello di governo dell’area urbana. A Trento oggi vive circa un quarto della popolazione trentina. Chi ha fatto parte delle amministrazioni di questa città sa bene che la scala dei problemi che spesso ci si trova ad affrontare richiederebbe strumenti di cui purtroppo il Comune capoluogo non dispone. Attenzione, nessuno coltiva illusioni di autosufficienza, perché sarebbe antistorico. E’ piuttosto auspicabile che Trento possa assumersi presto, nell’interesse dei cittadini, una responsabilità differenziale più ampia. Se la Provincia vorrà proseguire nel percorso di decentramento e responsabilizzazione delle autonomie di base, come si evince dalla riforma istituzionale, ci sono tutte le premesse per aprire un tavolo di discussione per riflettere sull’opportunità di elaborare uno statuto originale e distinto per la città di Trento.
Credo che Trento, sia per la sua dimensione politica che per la sua oggettiva dimensione amministrativa, abbia in sé le caratteristiche necessarie a gestire autonomamente una più consistente parte delle competenze oggi in capo alla Provincia. Il modello a cui rifarsi potrebbe essere quello della Communauté Urbaine francese, istituita nel 1966 e ancora oggi strumento di governo delle aree urbane. Non serve che io mi soffermi troppo sulle ragioni che mi spingono a lanciare questa proposta: è piuttosto chiaro che una città ha problemi del tutto differenti rispetto a quelle dei comuni di piccola o media dimensione. Diversa è la dimensione dei problemi, diversa la scala, diversi gli impatti e gli interessi coinvolti: diversi, conseguentemente, dovrebbero essere gli strumenti amministrativi a disposizione.
Una città come Trento sviluppa ormai forme di governance atte a coinvolgere nelle scelte pubbliche le grandi categorie degli interessi, i gruppi sociali, le confederazioni sindacali. Dunque Trento oggi è chiamata a sviluppare il proprio agire secondo assi strategici del tutto originali rispetto a quelli di un piccolo comune. Diverse sono anche le necessità finanziarie e superiori le responsabilità.
Ritengo, dunque, che occorra ragionare sulla possibilità di pensare un nuovo modello di governo speciale, differenziando per quanto possibile gli strumenti e le responsabilità della città rispetto a quelle dei piccoli comuni. Sussidiarietà, in fondo, significa proprio questo.

Alessandro Andreatta
Sindaco reggente








sabato 25 aprile 2009

Qualcuno manca di contenuti…

Quando mancano le idee e la reale volontà di operare per la crescita di un territorio e della sua comunità non rimane altro che tentare di promuoversi con una serie di sterili esternazioni, per nulla all’altezza di un serio ed equilibrato confronto politico. A volte però viene meno anche il coraggio di manifestare apertamente la negatività del proprio pensiero e diventa più agevole appoggiarsi a quello altrui: è il caso del buon Ettore – nulla a che vedere con il difensore di Troia - che utilizza il lavoro di un altro Ettore, superando con naturalezza il fatto che quest'ultimo diriga una rivista dal pensiero diametralmente opposto al suo credo politico.
Non desidero entrare nel merito della pochezza del contenuto del blog di Zampiccoli se non per evidenziare come l’annunciato libro bianco sia improvvisamente diventato “nero” e non realizzato direttamente dalle forze politiche di opposizione, ma attraverso un avvilente invito alla delazione anonima.
Personalmente preferisco parlare della nostra idea di città. Eccola la nostra Trento: una città che garantisce a tutti opportunità e servizi di qualità a prescindere dal reddito. Una città solidale, che non emargina, non esclude, che lavora per la pace, che s’impegna per la convivenza. Una città che richiede a tutti il rispetto delle regole, che non tollera gli abusi. Una città che dichiara guerra alla povertà, ma non ai poveri. Una città che mette al primo posto le donne, i bambini, gli anziani, i giovani, i disabili e che dunque si impegna per un nuovo welfare, capace di rispondere alle esigenze delle famiglie e di coloro che hanno più bisogno. Perché nessuno, a Trento, si deve sentire solo.
Se penso alla Trento del futuro penso a una città che accelera, che nei prossimi anni deve portare a compimento i progetti già iniziati nell’ultimo decennio. Proiezione sul futuro, dunque, ma senza perdere l’attenzione al presente, alla quotidianità, alle piccole cose.
A livello urbanistico dovremo confrontarci seriamente - come in passato - con il tema del rapporto fra la città e il suo territorio. Le politiche relative al territorio si fondano su un presupposto non negoziabile: il territorio è una risorsa scarsa e non riproducibile. Per questo il criterio guida delle politiche urbanistiche dovrà essere sempre e necessariamente quello della qualità degli insediamenti, della coerenza con i modelli di sviluppo, dell’equilibrio territoriale, della sostenibilità e della convenienza (anche per saldare un relativo debito nei confronti dell’agricoltura che è giusto riconoscere) da impostare secondo logiche non emergenziali e il più possibile anticipatorie. Inoltre sarà nostro impegno definire la qualità architettonica urbana come valore di tutti, innescando un processo virtuoso di promozione della qualità nel comparto edilizio in generale.
Noi, a differenza di altri, abbiamo le idee chiare sul percorso da intraprendere come amministratori. Ma noi, a differenza di altri, siamo costretti a sentirci ingiustificatamente attaccati. Del resto, in mancanza di concrete idee per lo sviluppo e la crescita della nostra città, quella dell'attacco è l’unica arma a disposizione dei nostri avversari per sollevare un po’ di attenzione.
Oggi rispondo, ma lo faccio per ribadire concetti già espressi, per riaffermare la reale dimensione del percorso urbanistico affrontato nel corso della consiliatura appena conclusa. Lo faccio solo per rispetto all’operato, professionale e trasparente, che contraddistingue i nostri uffici comunali.

IL MURO CAVIT
E’ l’esempio di cosa significa amministrare una città. Da una parte c’è un’azienda che, per lavorare, ha bisogno di ampliare la propria sede e che chiede una deroga rispetto alle altezze in vigore nella zona. Dall’altra ci sono i cittadini, contrari all’ampliamento e alla deroga. Può darsi che inizialmente la Giunta e il consiglio comunale abbiano sottovalutato l’impatto dell’opera, ma poi abbiamo profuso tutto il nostro impegno per cercare una soluzione che andasse incontro alle esigenze delle due parti. Non ci siamo sottratti al confronto: io e l’allora sindaco Pacher siamo andati a parlare con la gente, abbiamo cercato di mediare. E alla fine il muro contestato si è abbassato di 6,80 metri (al colmo di 4,53 metri).

L'ALLEGATO 5
Il centrodestra mi rimprovera di aver arbitrariamente permesso la violazione dell’allegato 5 al prg. In 12 anni, dal 1994 al 2006, poche decine di edifici - su centinaia – sono stati costruiti in contrasto con l’allegato 5 e comunque violando solo altezze e lunghezze - talvolta per pochi centimetri -, mai le volumetrie. Alla base di questi errori c’è il fatto che i criteri contenuti nell’allegato 5 sono difformi sia da alcune prescrizioni contenute nel piano, sia da altre indicazioni contenute in un altro allegato, il 4.1. Per questo i criteri contenuti nell’allegato 5 sono stati considerati non vincolanti dagli uffici comunali. Insomma, come ha riconosciuto il difensore civico Donata Borgonovo Re, non c’è stato dolo: c’è stato solo un piano che conteneva alcune incongruenze.

LA COLLINA
L’ultima variante al prg sulla collina ha tagliato la bellezza di 500 mila metri cubi. Inoltre, da assessore all’urbanistica, ho ridotto le altezze (zone B3 a 10 metri) e ho stabilito la larghezza minima delle strade (3,5 o 4,5 metri a seconda delle cubature). Ricordo infine che era il 1967 (io avevo 10 anni) quando il Pup stabilì che la città si doveva espandere in collina, era il 1968 quando il prg recepì questa indicazione senza purtroppo prevedere una viabilità adeguata. Il nuovo prg del 1989 confermò ancora questa tendenza, creando zone di espansione a Villamontagna, Borino, Martignano, Gazzadina, Montevaccino…

AUTO IN
In questa vicenda – sulla quale al tempo la Commissione urbanistica e il Consiglio comunale si sono confrontati numerose volte - credo che mi si possa rimproverare solo una cosa: l’eccesso di disponibilità. Non bisogna dimenticare che questa storia ha avuto inizio con un episodio drammatico: l’incendio che nel dicembre 2003 ha interessato l’Ecogrips, azienda vicina ad Auto In. Dopo quell’episodio è nata l’esigenza di trovare una nuova sede per l’azienda e per i suoi lavoratori. Il mio impegno nell’aiutare l’azienda è stato corretto e alla luce del sole, come del resto riconosciuto da ben due sentenze della magistratura. Ricordo in particolare che il Tar ha anche condannato i ricorrenti a pagare le spese processuali.

giovedì 23 aprile 2009

Alle segreterie confederali di Cgil, Cisl e Uil del Trentino

Innanzitutto vi ringrazio per il contributo che, con il vostro documento, avete dato alla campagna elettorale. Le cinque priorità che voi sottoponete all’attenzione dei candidati mettono al centro dell’attenzione alcuni temi cruciali per il futuro di Trento, temi che purtroppo il dibattito pubblico di questi giorni ha toccato solo in modo marginale. Devo dire che tra i vostri spunti e il programma della coalizione che io rappresento c’è piena consonanza: pur nell’evidente differenza dei ruoli e dei compiti, mi pare che lavoriamo per lo stesso obiettivo, che poi è quella di costruire una città capace di offrire qualità della vita e opportunità al maggior numero di persone possibile.

1) Un Comune di grado di decidere
Come forse già saprete, anch’io ho proposto di modificare il regolamento d’aula in modo da limitare il ricorso indiscriminato all’ostruzionismo. Questo perché ritengo che, se le minoranze hanno tutto il diritto di manifestare il proprio disaccordo, la maggioranza ha il dovere di decidere. Il dovere, prima ancora che il diritto, perché programmare e scegliere è il modo migliore per onorare l’impegno che ci siamo assunti con gli elettori. Anche il vostro suggerimento di ridurre il numero di sedute del consiglio comunale trova piena consonanza nel programma della nostra coalizione. In questo modo riusciremo a realizzare immediatamente un risparmio di svariate decine di migliaia di euro.

2) Un accordo con le parti sociali su progetti, tempi, rendicontazione
Come voi avete avuto già modo di sperimentare, il confronto con le parti sociali è sempre stato il metodo di lavoro dell’Amministrazione di cui ho fatto parte per dieci anni. Se sarò eletto sindaco, intendo proseguire e anzi intensificare questo confronto, perché ritengo che quanto più le decisioni politiche nascono da un percorso partecipato, tanto maggiore è la possibilità di farle diventare operative in tempi brevi. Accolgo inoltre la vostra proposta di condividere non solo la programmazione, ma anche la rendicontazione del già fatto. Credo che questo impegno possa servire a tutti da stimolo a rispettare i tempi prefissati e a seguire con uguale attenzione tutte le fasi di un progetto, dall’inizio alla fine.

3) Piano Casa
Il piano per l’edilizia residenziale pubblica dovrà essere tra i primi impegni della nostra Amministrazione comunale. Intendiamo individuare nuove aree sia per le abitazioni a canone sociale sia per quelle a canone calmierato. Dovrà trattarsi di piccoli insediamenti la cui costruzione sarà subordinata alla presenza di tutti i servizi fondamentali. Inoltre, a nostro avviso, occorre anche aiutare chi vuole acquistare casa favorendo le cooperative e stringendo un patto con gli istituti di credito per promuovere mutui competitivi ed equilibrati sia per quanto riguarda il tasso che per quanto riguarda le rate mensili.

4) Politica tariffaria
Come voi ben sapete, Trento è il Comune italiano con la più bassa pressione tributaria. Da almeno due anni, inoltre, tutte le tariffe sono state aggiornate solo all’indice Istat, mentre quelle dei nidi sono state sensibilmente ridotte. E’ chiaro che, vista la crisi economica in atto, l’Amministrazione comunale deve raddoppiare gli sforzi in due direzioni. La prima è quella della semplificazione: siamo convinti che tutte le agevolazioni sulle tariffe, abbonamenti ai trasporti pubblici, mense etc debbano essere legate a un unico indicatore di reddito. Va dunque superata la presenza del doppio indicatore Isee e Icef che aumenta gli adempimenti e dunque la confusione. Sempre in tema di semplificazione, intendiamo adottare criteri più snelli per l’assegnazione del “sussidio di minimo vitale” che, attualmente, è subordinato all’intervento dell’assistente sociale. In secondo luogo, tra le misure anticrisi allo studio c’è l’asilo nido gratuito per le famiglie che si trovano in difficoltà per problemi contingenti, come il licenziamento o la cassa integrazione. Valuteremo la vostra proposta di estendere o comunque di non vincolare a soglie di reddito troppo restrittive la tariffa agevolata sui rifiuti. Una decisione in tal senso, come sapete, dovrà comunque essere sottoposta all’approvazione del consiglio comunale.
Nel nostro programma c’è anche la “family card”, uno strumento destinato alle famiglie del ceto medio che dà la possibilità di ottenere sconti sulle tariffe degli impianti sportivi, nelle farmacie comunali e in tutti i supermercati e negozi che aderiscono all’iniziativa.

5) Politiche di sviluppo e del territorio
La sostenibilità e l’innovazione saranno la cifra caratteristica delle politiche di sviluppo del Comune di Trento, sia per quanto riguarda la mobilità (vedi il progetto metrò), sia per quanto riguarda le reti wireless (vedi il progetto Wilma, che entro l’anno coprirà anche i parchi pubblici), sia per quanto riguarda l’edilizia. A proposito di questo ultimo settore, con il regolamento per l’edilizia sostenibile abbiamo preferito privilegiare la strada degli incentivi piuttosto di quella dei vincoli, da voi proposta. I risultati sono stati comunque incoraggianti perché, in circa un anno e mezzo, più o meno la metà delle concessioni edilizie rilasciate per interventi importanti sono state all’insegna della sostenibilità. C’è da aggiungere che nel nostro regolamento edilizio alcune pratiche virtuose siano diventate opportunamente vincolanti: da circa un anno, per esempio, c’è l’obbligo per chi costruisce un edificio nuovo di produrre una quota di energia con fonti rinnovabili (solare, fotovoltaico, eolico, biomasse…). Inoltre il regolamento edilizio, recependo un ordine del giorno del consiglio comunale, ha introdotto l’obbligo di prevedere, nelle nuove costruzioni, spazi per bimbi, spazi verdi, per le biciclette e la raccolta differenziata.

lunedì 20 aprile 2009

LA PERLA/1. Solidità patrimoniale e tributi al minimo: altro che debiti…

Quasi mi dispiace di dover correggere nuovamente il candidato Pino Morandini. Mi dispiace perché preferirei parlare con lui dei problemi veri della città, invece che rispondergli su questioni fasulle, che lui agita solo per alzare polveroni. L’ultima sparata della serie riguarda l’indebitamento del Comune: 119 milioni di euro, che Morandini prova a spacciare come spreco e sperpero di patrimonio pubblico. Morandini, che col passare dei giorni dimostra di non avere la minima idea di cosa significhi amministrare un Comune, forse non sa che quei soldi sono serviti a finanziare asili nido, scuole, marciapiedi, biblioteche, centri civici e insomma quella qualità della vita di cui i trentini sono giustamente orgogliosi.
Caro Morandini, sarà bene chiarire subito le cose con un esempio: accuseresti di spreco una giovane coppia che contrae un mutuo per acquistare una casa? Tu, forse, del mutuo non hai avuto bisogno, ma sappi che la stragrande maggioranza delle famiglie riesce ad avere un’abitazione di proprietà proprio grazie ai prestiti delle banche. Ed è proprio questo che ha fatto il Comune, senza naturalmente abusare delle proprie disponibilità, come ci hanno riconosciuto sia le agenzie di rating (AA+ è l’ultimo voto in pagella) sia la severissima fondazione Civicum. Quest’ultima non solo ha attribuito al Comune di Trento l’oscar nazionale per la trasparenza dei bilanci, ma proprio all’inizio di quest’anno ci ha riconosciuto una solidità patrimoniale nettamente al di sopra della media italiana. Non voglio addentrarmi in particolari tecnici, ma credo che un dato meriti di essere citato: per Trento il rapporto tra debiti da finanziamento e mezzi propri è di 0,18, contro una media italiana di 0,32 (ma nel 2008 miglioriamo ancora: ci attestiamo infatti allo 0,16). E ancora: siamo sotto la media anche per quanto riguarda l’indebitamento pro capite e siamo tra i Comuni che spendono meno per la cosiddetta “autoamministrazione”, ovvero per il funzionamento della macchina comunale. Però abbiamo anche un primo posto in classifica: a Trento c’è la pressione tributaria più bassa d’Italia. Cosa significa questo? Mettendo insieme tutti gli indicatori, risulta evidente che siamo riusciti a tenere i conti in perfetto ordine senza chiedere soldi ai cittadini e senza, per questo, tagliare i servizi. Altro che debiti: quelli dell’Amministrazione comunale sono investimenti per il futuro della città.
Che dire? Forse è meglio documentarsi, prima di parlare…

mercoledì 15 aprile 2009

L’impianto di Vedelago e la pietra filosofale

A Trento, in questa vigilia elettorale, si parla dell’impianto per il trattamento dei rifiuti di Vedelago come se si trattasse della pietra filosofale. In tanti lo vogliono, in tanti lo esaltano, in tanti lo considerano la soluzione a tutti i nostri mali. Ma, proprio come la pietra filosofale, l’impianto non è in grado di garantire quei risultati che i suoi cantori vanno magnificando. Sono io il primo a dirlo: magari bastasse adottare anche a Trento il sistema trevigiano per eliminare le tonnellate di rifiuti che - tolta la plastica, la carta, i metalli, l’organico etc – sono oggi destinati a finire in discarica. Purtroppo non è così e vi spiego subito il perché.
Forse non tutti sanno che l’Amministrazione comunale a Vedelago ci è già stata. L’impianto è stato visto, valutato dai nostri ingegneri per i suoi pregi e per i suoi difetti. Alla fine ci siamo dovuti arrendere di fronte all’evidenza: Vedelago oggi tratta gli imballaggi (quelli che noi già ricicliamo) non il residuo, che infatti, dopo essere stato lavorato da un altro impianto a Spresiano, viene inviato a svariati inceneritori al di fuori della provincia di Treviso. Sì, dirà qualcuno, ma rimane poca roba. Poca roba? Rimangono decine di migliaia di tonnellate di cdr (combustibile da rifiuto).
Noi abbiamo fatto una scelta diversa. Abbiamo deciso di essere responsabili. Di smaltirceli tutti noi i nostri rifiuti, dall’inizio alla fine, perché riteniamo che solo gestendo tutto il ciclo possiamo essere veramente virtuosi. Virtuosi al supermercato, quando si acquista, virtuosi in casa, quando si tratta di differenziare, virtuosi nella raccolta, che deve consentire di riciclare tutto il riciclabile. Virtuosi, infine, nel sistema di trattamento del residuo, che dovrà utilizzare la migliore tecnologia possibile, quella a minor impatto ambientale, quella più sostenibile, quella più sicura. E’ questo il senso dell’aggiornamento del piano rifiuti: non quello, come sostiene qualcuno, di sostituire la discarica con un termovalorizzatore, ma di rivedere tutto il ciclo, in modo da ottimizzarne ogni fase.
Il problema, ancora una volta, è quello di saper distinguere tra chi vuole risolvere i problemi e chi li rinvia o li sposta. Li rinvia alla prossima Amministrazione o alle future generazioni, li sposta semplicemente delegando ad altre province o ad altre regioni l’incombenza di occuparsi dei nostri rifiuti. Ma è chiaro che non è questa la nostra politica.

P.s. Per dare modo a tutti di valutare sulla base dei dati e delle informazioni fornite dagli stessi gestori degli impianti trevigiani, allego qui sotto una scheda tecnica.


SCHEDA TECNICA

VEDELAGO NON TRATTA IL RESIDUO
Serve un altro impianto per 84 mila tonnellate di rifiuti


1) In provincia di Treviso operano, per il trattamento dei rifiuti, due diversi impianti: quello di Vedelago e quello di Spresiano.
2) A Vedelago non si tratta il rifiuto residuo bensì imballaggi (quelli che da noi finiscono nelle campane blu) e altri rifiuti industriali. Tutto, quindi, già pre-differenziato.
3) Il residuo prodotto in provincia di Treviso viene trattato a Spresiano e, al termine del processo, viene destinato agli inceneritori (come chiarito sul sito www.consorziopriula.it/impianti_spresiano.php che, tra le altre cose, riporta: “Presso l'impianto di trattamento arriva il rifiuto secco non riciclabile di tutta la provincia di Treviso per un totale di circa 84.000 tonnellate all'anno. Il rifiuto che entra viene triturato, deferizzato e vagliato. Si produce così il combustibile da rifiuto (C.d.R.) che verrà inviato agli inceneritori per essere bruciato. Dal calore generato durante la combustione del C.d.R. si ricava energia.”
4) In provincia di Treviso non sono presenti inceneritori, quindi il rifiuto residuo viene trasformato in combustibile da rifiuto e trasportato in altre zone d’Italia, con grandi costi di trasporto e traffico di mezzi pesanti.
5) Vedelago tratta ottimamente i materiali plastici, con un procedimento che potrebbe migliorare quello che viene già attuato a Lavis, massimizzando il recupero di materia. L’ipotesi va però valutata con grande attenzione: per ottenere la “materia prima seconda” che si realizza a Vedelago è necessario che in ingresso vi siano anche scarti industriali di gomma e plastica. Nella zona di Treviso sono presenti molti calzaturifici che producono lo scarto necessario. Per Trento si potrebbe giungere al paradosso di dover importare i materiali necessari all’arricchimento del rifiuto!
6) A Vedelago, in passato, è stato fatto un esperimento alimentando l’impianto con 150 tonnellate di rifiuto residuo (quello conferito dai cittadini come non riciclabile). Ebbene, per ottenere la materia prima seconda è stato necessario miscelare tali rifiuti con altro materiale plastico.

Chi ha interesse a diffondere il sistema di riciclaggio adottato a Vedelago sta puntando sui territori in cui è prevista la creazione di inceneritori.
Molto della strategia comunicativa si gioca sull’ambiguità della parola “residuo”. In pratica, viene evidenziato come Vedelago produca pochissimo residuo. Ma si parla sempre del residuo avanzato dal trattamento degli imballaggi, non del rifiuto residuo prodotto in provincia di Treviso che, come visto, viene invece trattato a Spresiano.
E’ commercialmente efficace evidenziare come in provincia di Treviso non ci siano inceneritori. Treviso non ha inceneritori perché i suoi rifiuti residui vengono esportati e bruciati altrove.




venerdì 10 aprile 2009

Sicurezza in città: un problema complesso che si risolve con azioni concertate

L’improvvisata chiassata organizzata dalla Lega Nord ieri pomeriggio in Piazza Dante impone alcune riflessioni. Capisco che il clima pre-elettorale possa portare a gesti di questo tipo ma è fondamentale chiarire che la questione della sicurezza non va affrontata in modo superficiale e semplicistico. La domanda giusta è, secondo me, come aiutare la nostra comunità ad affrontare il cambiamento sociale – conseguenza inevitabile anche della globalizzazione e dei conseguenti grandi flussi migratori? Le cause della criminalità sono multifattoriali, in questo tutti gli esperti concordano. Dobbiamo lavorare per costruire un’idea di città che sappia guardare al futuro e non chiudersi nella salvaguardia di un passato che non c’è più. Dobbiamo uscire dalla logica dell’intervento di emergenza. Le ordinanze dei sindaci – usate a spot in altri comuni italiani – non danno che una breve, effimera senzazione di sicurezza. Ma NON risolvono i problemi.
Seppur importante, l’intervento in Piazza Dante – chiesto, deciso e concordato a gennaio in seno al Comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico – è solo una delle misure che compongono il percorso di questa amministrazione nel garantire la sicurezza dei propri cittadini. Il tema è troppo serio per ridurlo a semplicistiche strumentalizzazioni elettorali.
La sicurezza di una città è il frutto di una serie di azioni concertate che intervengono sul disagio e al contempo operano in coordinamento con le forze dell’ordine. La sicurezza non è solo una questione di ordine pubblico ma di prevenzione, perché c’è devianza dove c’è disagio. Diventa fondamentale quindi il lavoro di rete che viene compiuto da molti nostri servizi comunali, ma anche dalle cooperative e da numerose realtà che operano nel volontariato. Per quanto riguarda l’Amministrazione ricordo – a titolo di esempio – i poli sociali pensati appositamente per decentrare sul territorio l’intervento di aiuto, i dormitori invernali, le unità di strada e gli educatori de “I panchinari”, la collaborazione con la Caritro (microcredito), con gli avvocati per la solidarietà ed infine con la Lila per il problema della prostituzione.
Questo sul lato del sociale. Ma c’è poi un lavoro di prevenzione al crimine che trova nel Comitato per l’ordine e la sicurezza il luogo di coordinamento nel rispetto dei differenti ruoli istituzionali. A questo si aggiunge il ruolo del nostro corpo di polizia municipale con tutta una serie di interventi: dal vigile di quartiere alla sorveglianza in borghese durante i mercati, dai controlli in biblioteca e nei parchi al numero verde di con te contro i piccoli reati che aiuta il cittadino che ne è rimasto vittima.
Le telecamere di piazza Dante sono state decise per intervenire in una zona della città che presentava una situazione di disagio e che richiedeva una risposta rapida. E così è stato. Ma non è l’unica. Il parco di Piazza Dante è un bellissimo giardino ed è vicino al centro storico. Vogliamo rivitalizzarlo appieno ed in questo un ruolo fondamentale lo avranno anche i due edifici che lo delimitano sul lato est. Mi riferisco alla palazzina Liberty - che andrà ad ospitare la sezione giovanile della Biblioteca - e all’edificio ex-Apt per il quale l’Amministrazione ha deciso di optare per una ristrutturazione minima in modo da restituire quanto prima l’edificio alla socialità cittadina. Penso infine alla dimensione ludica dell’area con nuovi giochi per i bambini e a elementi di arredo che rendano il parco ancora più bello e fruibile.
Naturalmente la videosorveglianza del parco non risolve da sola il problema della sicurezza in centro città. Una problematica tra le più complesse nella gestione di un capoluogo. Governare una città non significa piantare bandierine (verdi?) sulla cartina di un parco ma rimboccarsi le maniche e operare in modo organico per risolvere i problemi che – lo ho imparato in questi anni da vicesindaco e in questi mesi da sindaco reggente – non sono mai né semplici né univoci.

giovedì 2 aprile 2009

Gli sprechi immaginari

Serve molta immaginazione per attribuire imprecisati sprechi a una giunta che ha limitato al minimo le consulenze (nel 2008 ammontano a 130 mila euro, 250 mila in meno rispetto all’anno precedente) e che ha bloccato il turn over riducendo il personale comunale di un centinaio di unità. E ci vuole una buona dose di fantasia anche a dare del cementificatore a chi, in veste di assessore all’urbanistica, ha eliminato con la variante della collina la bellezza di 500 mila metri cubi. Se io mi merito questo titolo, come definiremo chi sta lavorando a un provvedimento che, da Sondrio a Ragusa, consentirà di ampliare del 20 per cento le abitazioni anche in deroga agli strumenti urbanistici?
Non ho mai pensato che la campagna elettorale sia uno scambio di cortesi convenevoli. E’ normale, qualche volta, alzare la voce, ma non per dire cose che deformano la realtà e che fanno torto sia all’intelligenza dei cittadini sia all’impegno di chi, in questi anni, ha lavorato negli uffici comunali con dedizione e professionalità. Accetto ben volentieri le critiche, ma solo se circostanziate, solo se non servono ad alzare un polverone che, mi pare, nasconde un preoccupante vuoto d’idee. A meno che non si voglia definire “idea” la proposta di una commissione per eliminare gli sprechi. Ma come, un’altra commissione, magari con i relativi gettoni di presenza? Mi pare un paradosso, mi pare che siamo proprio fuori strada.
A beneficio dei nostri avversari, sarà forse bene chiarire un paio di cose. Visto il progressivo contrarsi delle risorse, sono anni che noi amministratori, che tutti i dipendenti si impegnano per far economia, razionalizzare la spesa, risparmiare dove si può. E per migliorare ancora non serve una commissione, basta anche il senso civico dei cittadini, sempre attenti e solerti nel segnalare quel che non va e quel che potrebbe essere fatto meglio.
Io credo che in questo periodo così difficile, con la cassa integrazione che in Trentino cresce del 135 per cento, abbiamo l’obbligo morale di occuparci dei problemi dei cittadini. Se continuiamo a riempire la campagna elettorale di slogan e accuse fuori bersaglio, finiremo per rimbalzarci tra di noi discorsi che non interessano a nessuno. Ma io non ho alcuna intenzione di partecipare a questo gioco.

giovedì 26 marzo 2009

Con la scusa della demagogia

Chissà come mai ogni proposta di taglio ai costi della politica viene archiviata dai consiglieri del centrodestra sotto l’etichetta “demagogia”. Allungare la durata (e ridurre le sedute) del consiglio comunale è demagogia, riorganizzare le commissioni è ancora demagogia. Diciamo pure che, come s’è visto in questi anni, con le nostre minoranze si va sempre sul sicuro: qualunque sia la proposta, non è mai quella giusta. A pensar male, viene il sospetto che per il centrodestra l’importante sia non far niente, non cominciare mai e poi addossare la colpa alla maggioranza.
Ne prendo atto, ma non ho alcuna intenzione di farmi scoraggiare. Anche perché sono più che convinto che la proposta di allungare le sedute del consiglio comunale sia la più semplice da tradurre in pratica e anche la più incisiva. Facciamo due conti: se, per approvare il bilancio, anziché dieci sedute da due ore e mezzo ne facciamo cinque da cinque ore il risparmio per le casse comunali è di ben 37 mila 500 euro (37.500 euro di risparmi solo per l’approvazione del bilancio!). E comunque il consiglio comunale lungo non è un mio brevetto esclusivo: è una consuetudine diffusa in tutti i Comuni del nord Italia. Che problema c’è a imitare il comportamento virtuoso dei nostri vicini di casa? Forse i consiglieri di centrodestra temono di non riuscire a tener desta l’attenzione per cinque–sei ore? Io credo che se ce la fanno i ragazzi a scuola, possiamo riuscirci anche noi.
Altre due considerazioni. Suona quanto meno strano sentire la minoranza difendere il numero delle commissioni (“sono sempre state otto”) e tuonare contro l’aumento dei commissari. Suona strano perché proprio tra i banchi della minoranza siedono dei veri recordman, che trovano posto anche in quattro commissioni diverse e dunque percepiscono gettoni di presenza plurimi, oltre naturalmente a quello dovuto per la partecipazione al consiglio comunale. Trovo fuori luogo anche il sarcasmo di Pino Morandini. Certo, lui non si impressiona di fronte a questi poveri tagli, visto che la Regione ha già accantonato per il suo vitalizio da consigliere provinciale una somma assai cospicua…

martedì 17 marzo 2009

L'ostruzionismo è una scelta sbagliata

“Occorre rivedere i regolamenti parlamentari, che non sono adeguati a un governo e a una maggioranza che devono avere tempi certi sull'approvazione delle leggi”. Così, qualche giorno fa, il presidente del Consiglio motivava la sua richiesta di far votare alla Camera dei deputati solo i capigruppo. Che succede invece a Trento? Succede che un consigliere comunale – che, tra parentesi, si riconosce nella stessa maggioranza del premier – non solo paralizza l’aula con atteggiamenti provocatori, ma si esibisce anche in un nuovo sport: quello del “lancio dell’emendamento”.
Tanto la proposta romana quanto l’ottusità dell’ostruzionismo trentino riflettono una concezione della politica che assolutamente non condivido. Se il voto per delega mi pare un’assurdità improponibile, d’altro canto ritengo che una maggioranza democraticamente eletta abbia il dovere di governare. Il dovere, prima ancora che il diritto, perché programmare, scegliere, decidere è il modo migliore per onorare l’impegno che ci siamo assunti con gli elettori. Le minoranze hanno la piena facoltà di esprimere la propria contrarietà ai provvedimenti della maggioranza, ma non quella di svilire e di paralizzare l’aula. Non quella di bloccare ogni decisione senza peraltro prospettare un’alternativa, senza neppure cercare una mediazione, senza tentare di far valere le proprie idee. A tal proposito, è opportuno fare chiarezza: se la linea di condotta dell’opposizione sarà questa anche in futuro, allora sarebbe meglio smetterla di reclamare per la Città di Trento maggiori competenze e ulteriori prerogative. A che servono, se il nostro consiglio comunale è condannato all’immobilismo?
L’emiciclo in cui s’è seduto anche Alcide De Gasperi è stato di rado umiliato come venerdì scorso. Per questo credo che il nuovo consiglio comunale dovrà lavorare fin da subito alla revisione del regolamento d’aula. E’ necessario per più di un motivo: per tutelare la dignità di un’assemblea democraticamente eletta, per preservare il diritto a un’opposizione costruttiva e il dovere della maggioranza di assumersi la responsabilità delle proprie scelte.
Un’ultima annotazione: una seduta del consiglio comunale costa 7.500 euro. Credo che ogni consigliere comunale non dovrebbe dimenticarlo neppure per un attimo, soprattutto in questi momenti di crisi.

giovedì 5 marzo 2009

A Trento non servono le ronde

Possono le “ronde” rendere più sicura la città di Trento? Credo che tutti noi dovremmo porci con onestà questa domanda, evitando il più possibile di ideologizzare l’argomento. Anticipo subito che la mia riposta è negativa, per una serie di motivi che qui proverò a illustrare.
Chi vuole le ronde? Non certo carabinieri e polizia, costretti nei giorni scorsi al superlavoro proprio per scongiurare lo scontro tra ronde rivali (vedi il caso di Padova). Non un ex ministro dell’Interno come Giuseppe Pisanu, che le definisce “milizie un po’ patetiche di partito, o meglio peripateriche, visto che camminano, ma non mi pare che abbiamo risolto molti problemi”. Non i magistrati, che anzi hanno sottolineato come, in alcune zone dell’Italia meridionale, le ronde esistano già: sono quelle della mafia, che controllano un territorio in cui lo Stato è quasi del tutto assente. Insomma, la bocciatura da parte degli addetti ai lavori è unanime. Chi si trova in prima linea tutti i giorni sul fronte della sicurezza dice che i problemi sono altri: il Cocer denuncia che oggi nell’arma dei carabinieri mancano quasi diecimila uomini, mentre un sindacato di polizia fa notare che molte volanti sono ferme in officina perché non ci sono soldi per pagare la manutenzione.
A sentire queste voci, l’impressione che si ha è che ci troviamo di fronte ancora una volta a un depistaggio. Dovremmo parlare di sicurezza e invece ci si accapiglia sulle ronde o, meglio, sui “volontari della sicurezza”, nome tristemente evocativo di quella “milizia volontaria per la sicurezza nazionale” del famigerato Ventennio. Insomma i problemi, invece di risolverli o perlomeno di provare ad affrontarli, li si mette in scena, dando vita a un teatrino di polemiche che serve solo a procurare visibilità al politico di turno, soprattutto in periodo di campagna elettorale. Ma attenzione, questo metodo può essere anche pericoloso, soprattutto quando c’è in ballo un argomento così delicato come il controllo del territorio, una delle poche competenze che non possiamo “esternalizzare”, subappaltare o comunque delegare ad altri.
Di solito, di fronte a queste argomentazioni, i sostenitori delle ronde obiettano: ma i nostri volontari saranno armati solo di telefonino. Bene, ma allora possiamo dire che qualunque cittadino a passeggio per la città è una ronda, chiamata (dal senso civico, non dal proprio credo politico) a segnalare eventuali abusi o a soccorrere chi si trova in difficoltà. L’altra obiezione di solito è questa: ma lo sai che a Milano, e non solo lì, ci sono da anni i City Angels, che funzionano benissimo? E’ vero, ma forse i sostenitori delle ronde non sanno che i City Angels vanno a distribuire cibo e coperte ai senza fissa dimora, agli immigrati e a tutti coloro che vivono sulla strada. Che frequentano le stazioni per portare pasti caldi, che vanno davanti alle scuole per prevenire il bullismo. Se sono queste le ronde, allora almeno si cambi il nome per non ingenerare equivoci: noi li chiamiamo, a seconda dei casi, nonni-vigili, volontari di strada, protezione civile, Caritas…
Concludo: non servono le ronde a Trento. Occorre semmai continuare a lavorare sulla prevenzione e a chiedere sempre e comunque il rispetto della legalità. Occorre rafforzare la collaborazione tra le forze dell’ordine e riqualificare le zone di Trento che sono state “dismesse” non dal Comune, ma dalla rivoluzione che in pochi anni ha cambiato l’economia cittadina. A questo stiamo lavorando, senza trascurare alcuna delle preziose segnalazioni che ci arrivano dai cittadini. Ma senza neppure immaginare che ai cittadini tocchi anche l’incombenza di pattugliare il territorio.

lunedì 2 marzo 2009

Cosa ho capito da queste primarie

Le primarie di domenica non sono state un traguardo, ma l’inizio di un nuovo percorso politico, che dovrà essere partecipato e condiviso. Priorità, strategie e programmi per la prossima campagna elettorale non saranno definiti al chiuso di una stanza, magari con l’aiuto di qualche addetto ai lavori. Insieme alla coalizione che mi sosterrà, mi presenterò ai cittadini con una scelta di metodo ben riassunta da una frase che prendo in prestito da un’email di Maria Rosa, una volontaria che ha lavorato alla mia campagna per le primarie: “Abbandonare la politica delle stanze chiuse partendo dai bisogni e dalla partecipazione delle persone”.
A questo riguardo, abbiamo una grande responsabilità. Chi ha votato alle primarie domenica scorsa ha deciso che a Trento si può ancora aver fiducia nella politica. Ma noi quella fiducia ce la dobbiamo meritare trasformando il centrosinistra autonomista di Trento in un laboratorio, capace di far coesistere culture e appartenenze, di elaborare una visione comune, di fare squadra sui progetti concreti e sulle cose da fare. Qui non si tratta di negare le differenze, ma di fare quello che Barack Obama ha chiesto agli americani: “Celebrare la nostra diversità in tutta la sua complessità e continuare allo stesso tempo a sostenere i nostri legami comuni”. Per questo ogni componente della coalizione che mi sosterrà a maggio sarà decisiva, e non solo dal punto di vista elettorale. Sarà decisiva per la sensibilità che porta in dote, per i temi che metterà al centro del dibattito (siano essi sociali, ambientali, culturali…), per le persone che rappresenta. Non sarà difficile, io credo, trovare una sintesi, se a guidarci sarà la ricerca del bene della nostra comunità.
Ancora due riflessioni. La prima riguarda la crisi drammatica che ha investito anche l’economia trentina. La campagna elettorale non ci può assolutamente far perdere di vista la vita reale, quella di chi non ha più il lavoro, quella di chi si trova in cassa integrazione, quella di chi fatica ad arrivare a fine mese. Dobbiamo intervenire presto e bene, anche perché la nostra autonomia ci garantisce più risorse rispetto al resto d’Italia. E’ proprio nei momenti difficili che la politica deve saper riaffermare il proprio ruolo, che poi è quello di trovare soluzioni, aiutare chi è in difficoltà, individuare vie d’uscita. Il difensore civico Donata Borgonovo Re ha fatto giustamente notare in un’intervista all’Adige che “purtroppo i politici vengono percepiti come persone che usano linguaggi e logiche diverse da quelle dei cittadini e fanno altro invece di occuparsi dei problemi della gente”. Questo è esattamente quello che non siamo e non vogliamo essere. Ma, naturalmente, dovremo dimostrarlo sul campo.
L’altro argomento riguarda i giovani che, com’è stato osservato, alle primarie non hanno certo partecipato in massa. A questo proposito, vorrei citare di nuovo uno dei messaggi che mi sono arrivati nei giorni scorsi, poche righe accorate inviate da un’ex alunna trasferita a Grenoble con il marito. “Facciamo i precari della ricerca, sperando di tornare in Italia, prima o poi”, scrive senza nascondere un po’ di amarezza per come vanno le cose nel Belpaese. Un altro “cervello in fuga”, insomma, che l’Italia ha formato e che poi - non per scelta, ma per necessità - è andato a “produrre” altrove. Proprio i giovani, la loro formazione, il precariato devono essere ai primi posti della nostra agenda politica, perché non possiamo condannare un’intera generazione all’incertezza e al pessimismo. E dobbiamo riuscire anche a far tornare ragazze e ragazzi a spendersi per un’idea, a confrontarsi sul futuro, a passare dall’io al noi, che poi è la vera dimensione della politica. Certo, questi non sono risultati che si ottengono aggiungendo un punto al programma e neppure approvando una delibera. Ma dobbiamo provarci lo stesso, innanzitutto impegnandoci tutti in prima persona per una politica meno cinica e meno autoreferenziale.
Alessandro Andreatta

venerdì 27 febbraio 2009

Rendiconto spese per la promozione della candidatura alle primarie

Come dichiarato qualche giorno fa, pubblichiamo l’elenco puntuale delle spese sostenute per la promozione della candidatura di Alessandro Andreatta alle primarie del centrosinistra autonomista di domenica 22 febbraio.
Ringraziamo ancora tutti coloro che hanno sostenuto economicamente la candidatura, ma non solo. Il nostro grazie va anche a tutti coloro che, a titolo gratuito e solo per convinzione personale, hanno speso tempo e parole nell’appoggiare Alessandro in questo appuntamento.

Sintesi delle spese sostenute per la promozione della candidatura di A. Andreatta

Fatture quietanziate: 1.260 euro Manzoni spa, 1.650 euro Rttr, 840 euro Rcs Milano
Fatture quietanziate e anticipi restituiti: 3.520 euro Manzoni / Rcs Milano
Fatture quietanziate da terzi: 3.600 euro PubliAdige, 500 euro Radio Italia Anni 60, 1500 euro grafica (fondi da conto corrente comitato organizzativo)
Fatture in attesa: Tca
Spesa della campagna: 14.000

Il comitato organizzativo per Alessandro Andreatta

lunedì 23 febbraio 2009

Grazie a tutti

Grazie a tutti quelli che mi hanno sostenuto fin dal primo momento. Grazie a coloro che, in una domenica di sole, hanno trovato il tempo e la voglia di andare a scegliere il candidato del centrosinistra autonomista alle prossime elezioni comunali. Grazie, qualunque sia stata la vostra scelta. Perché se quella di ieri è stata una grande giornata, è soprattutto per la straordinaria partecipazione, che non era affatto scontata visto il periodo non facile vissuto del centrosinistra nazionale.
Ancora una volta, Trento ha confermato di non voler stare alla finestra e di avere un tasso di fiducia nel futuro ben al di sopra della media italiana. E’ questo patrimonio di impegno e di speranza che noi oggi dobbiamo far fruttare lavorando ancora meglio e di più per costruire una città migliore per tutti. Sono sicuro che lo faremo insieme, coinvolgendo tutti coloro che vorranno contribuire, unendo gli entusiasmi, gli sforzi e le idee.

Grazie ancora

Alessandro Andreatta

venerdì 20 febbraio 2009

Spese per la promozione della candidatura di Alessandro Andreatta

Il nostro candidato Alessandro Andreatta ha preso l’impegno di redicontare pubblicamente le spese sostenute per promuovere la propria candidatura alle primarie del centrosinistra autonomista del 22 febbraio.
Nel corso della prossima settimana l’elenco puntuale delle spese sarà pubblicato qui sul blog di Alessandro Andreatta. Nel frattempo ci sembra opportuno cominciare a ringraziare coloro che hanno sostenuto economicamente Alessandro per questa candidatura.
Un sentito grazie a Beppe, imprenditore trentino, che si è impegnato a coprire le spese sostenute con la PubliAdige srl, e a Mattia, Lorenzo, Lucia e Alberto che hanno versato il loro aiuto sul conto corrente aperto presso la Cassa rurale di Trento, filiale di via Belenzani. Il conto corrente, intestato al Comitato organizzativo, rimane aperto per chiunque voglia sostenere Alessandro.
Grazie a Guido per aver anticipato 2.520 euro alla concessionaria di pubblicità Manzoni & C. spa. Questa somma si aggiunge ai 1260 euro già liquidati alla Manzoni spa da Alessandro Andreatta. Alla chiusura della contabilità sarà restituito a Guido l’importo anticipato.
La prossima settimana si provvederà a quietanziare anche Tca srl e Opim (Rttr), che ringraziamo per la loro professionalità. Siamo inoltre in attesa della fatturazione dei manifesti e del materiale pubblicitario.
Concludiamo dicendo che entro venerdì 27 febbraio tutte le spese saranno liquidate e gli anticipi restituiti.

Sintesi delle spese sostenute per la promozione della candidatura di A. Andreatta

Fatture quietanziate: 1.260 euro Manzoni spa
Fatture da quietanziare e anticipi da restituire: 3.520 euro Manzoni / Rcs Milano
Fatture quietanziate da terzi: 3.600 euro PubliAdige
Fatture in attesa: Tca, Rttr, Radio Italia Anni 60, grafica
Spesa presunta della campagna: 10.000 – 15.000 euro

Il comitato organizzativo per Alessandro Andreatta

Andate a votare, scegliete il futuro della vostra città

Eccoci qua, quasi alla fine di queste settimane intense, piene di incontri, di idee, di persone che hanno ancora voglia di spendersi per il bene di questa nostra città. E’ stato bello vedere tanta gente mobilitarsi e mettersi a disposizione non di una persona, ma di un progetto: un progetto di città aperta, solidale, rispettosa delle regole, ordinata. Una città di tutti, capace di garantire pari opportunità a prescindere dal reddito, una città in cui nessuno deve rimanere indietro, nessuno deve restare solo.
Spero che siano in tanti domenica a scegliere la continuità, a decidere che Trento deve sì accelerare, ma non cambiare strada, non cambiare stile e, soprattutto, non mettere un punto di domanda sui tanti progetti già avviati. E in ogni caso, comunque la pensiate, spero che domenica andiate a scegliere il candidato che, alle prossime elezioni comunali, rappresenterà il centrosinistra autonomista. La partecipazione è importante, è il fondamento stesso della nostra democrazia ed è il modo migliore per dimostrare che credete nel futuro di questa nostra città.

Grazie a tutti

Alessandro Andreatta

Perchè sostengo e invito a votare Alessandro Andreatta

Un nuovo intervento a sostegno della mia candidatura. Questa volta è l'assessore comunale Renato Pegoretti a spendere parole a mio favore sul Corriere del Trentino.


Perchè sostengo e invito a votare Alessandro Andreatta
di Renato Pegoretti


La forte personalizzazione del confronto di questi giorni sul candidato sindaco che dovrà guidare la coalizione di centrosinistra alle prossime elezioni comunali di Trento, mi ha convinto ad intervenire a sostegno di Alessandro Andreatta che ho conosciuto in questi anni di impegno comune nella giunta guidata da Pacher e che apprezzo e stimo come uomo, e come politico ed amministratore.

Ho avuto molte occasioni per conoscere l’uomo, con i suoi ideali, con i valori in cui fortemente crede e con la capacità di ascoltare e di rispettare chi è portatore di sensibilità e di valori diversi. Dietro il suo aspetto mite c’è una grande forza e tenacia che ha anche dimostrato nell’affrontare le difficoltà della sua vita privata. In questi anni, nei quali la scena pubblica cittadina è stata occupata dal sindaco Pacher, così carismatico e amato dalla maggioranza dei cittadini, Alessandro come vicesindaco non ha cercato visibilità personale lavorando in squadra, da mediano come a lui piace definirsi, a volte anche di sfondamento per portare avanti le scelte del sindaco e della coalizione.

Alessandro mette sempre al primo posto le persone, è attento nel cogliere i bisogni, sa ascoltare e cercare soluzioni condivise; ma è anche l’uomo concreto che sa decidere, a volte anche testardo quando è convinto di ciò che sta portando avanti. Non è arrogante o autoritario, ma autorevole per la sua cultura, per la sua conoscenza della città e della struttura amministrativa e tecnica comunale, per come sa esprimere il suo pensiero.

Per chi lo incontra in città sembra sempre di corsa, lo vedi passare con passo da marciatore per arrivare puntuale agli incontri di lavoro o per correre a casa dalle figlie.
Ma invece è una persona che si ferma a pensare, che mentre gli parli chiude gli occhi e interiorizza ciò di cui si sta parlando, che quando interviene non è mai banale.
Nel lavoro non lesina impegno ed è puntiglioso e attento nell’approfondire le problematiche più difficili come le piccole richieste dei cittadini.
La sua passione per la politica è pari al suo amore per la nostra città e per i suoi cittadini.

Credo che Alessandro Andreatta non sia mai stato un democristiano nell’accezione dispregiativa del termine con il quale qualcuno in questi giorni sta cercando di etichettarlo, è come Pacher un uomo del dialogo, del confronto, della mediazione; un democratico e un riformista, attento ai bisogni dei più deboli e impegnato per migliorare una città già accogliente, che potrà diventare una città sempre più vivibile, accelerando in alcuni settori e per alcuni progetti, rendendo l’organizzazione dell’amministrazione sempre più efficiente e vicina ai bisogni e alle richieste dei cittadini.
Prendendo a prestito un’affermazione di J.F. Kennedy direi che Alessandro è “un idealista senza illusioni”

Sono rimasto stupito quando, nei dibattiti di questi giorni, sono stati addebitati a lui gli “scempi fatti in collina costruendo troppo e male”.


Chi non ha storia politica ed amministrativa non ha memoria, infatti forse è bene ricordare che la cementificazione della collina è figlia dei Piani regolatori della fine degli anni sessanta e della fine degli anni ottanta e non era certamente Alessandro Andreatta l’assessore all’urbanistica. In questi ultimi dieci anni si è invece cercato, nel limite del possibile, di limitare le costruzioni in collina e di rincorrere con opere pubbliche grandi e piccole, spazi di socialità e servizi, l’inurbamento esagerato e disordinato degli anni settanta, ottanta e novanta.
Anche chi viene a dirci che “è tutto sbagliato, è tutto da rifare”, non ha né storia politica, né memoria; questo sarebbe più normale per chi è stato all’opposizione e vuole diventare forza di governo, non per chi si candida per essere il sindaco di una coalizione che ha governato la città negli ultimi decenni.

Fare il Sindaco di una città capoluogo come Trento non è come dirigere un servizio o comandare a dei dipendenti. La caratteristica principale per poter amministrare bene è quella di ascoltare la città, coglierne l’anima e i bisogni, saper dare risposte puntuali e visione strategica, saperla rappresentare e difendere, non da soli ma insieme ai partiti della coalizione, insieme ai consiglieri eletti, con le Circoscrizioni e con il ricco tessuto associativo, con capacità di dialogare e di mediare con le diverse sensibilità dei partiti con i quali ha condiviso un programma e che lo sostengono, ma anche con le forze politiche di opposizione che rappresentano quella parte di città che non l’ha votato.
Alessandro Andreatta ha dimostrato di saperlo fare, merita la nostra fiducia, può dare continuità ad un progetto che ha dato buoni risultati, apprezzati dagli osservatori esterni, ma soprattutto dalla maggioranza dei nostri cittadini. Saprà dialogare con la Provincia, nell’indipendenza dei ruoli, pretendendo il riconoscimento del servizio che la città fa a tutta la comunità provinciale, ricercando le strade per decentrare alcuni servizi, trovando le risorse e prevedendo insieme gli interventi strutturali che mitighino l’impatto sulla vivibilità e sui servizi.

Con Alessandro Andreatta sindaco, potrà trovare continuità un progetto di sviluppo che ci permette di guardare con fiducia al futuro, insieme vecchi e nuovi cittadini, senza lasciare indietro nessuno, per questo dobbiamo andare a votare per lui domenica 22 febbraio.

giovedì 19 febbraio 2009

Andreatta è il candidato del PD e della continuità con Pacher

Anche Luciana Chini, consigliere della circoscrizione Centro storico - Piedicastello, mi ha fatto avere il suo appoggio con una lettera pubblicata ieri sul quotidiano L'Adige.

Andreatta è il candidato del PD e della continuità con Pacher
di Luciana Chini

Non sentivo l’esigenza di motivare il mio sostegno al candidato Alessandro Andreatta, pensavo fosse sufficiente il mio impegno nella circoscrizione a sostegno dell’amministrazione Pacher, ma dopo il raduno dei vertici della Provincia, compreso il presidente e l’ex assessore Grisenti, promosso da Bortolotti nel bel mezzo delle primarie, lo voglio fare.
Bortolotti ha criticato Andreatta perché godrebbe del sostegno del Partito Democratico e Andreatta ha ribadito che non è vero.
Mi dispiace, perché invece troverei giusto che tutto il partito democratico si schierasse a favore di Andreatta e che Andreatta potesse rivendicare il legittimo sostegno del suo partito.
Andreatta non è candidato alle primarie della coalizione perché
glielo hanno chiesto un gruppo di amici, ma perché glielo ha chiesto il Partito Democratico della città di Trento. Non mi sembra una cosa da poco ed è sufficiente per non rivendicare l’equidistanza rispetto ai candidati come fa Kessler nell’istante in cui peraltro si schiera a favore di Bortolotti. Non l’hanno deciso i vertici di un partito, bensì i circoli che autonomamente si sono costituiti nella città e l’ampio coordinamento cittadino. Il PD ha deciso di non fare le primarie di partito e di partecipare a quelle di coalizione ma ha scelto un proprio candidato e questo si chiama Alessandro Andreatta ed è giusto, come inizialmente ha ricordato il segretario Agostini, che il partito lo sostenga.
Bortolotti non ha chiesto di essere il candidato del PD ed anzi ha
rivendicato di non essere il candidato del PD ma della coalizione, ogni elettore del PD lo potrà votare e se vincerà le primarie sarà pure il mio candidato, ma alle primarie c’è un solo candidato che è stato scelto dal PD.
Ma c’è un'altra ragione per cui sostengo Andreatta ed è che Andreatta rappresenta la continuità con l’amministrazione Pacher, non solo perché ne è stato il vicesindaco ma perché intende continuare la realizzazione del programma tracciato dall’amministrazione Pacher, a differenza di Bortolotti che oltre ad essere sceso in campo direttamente dalla dirigenza della Provincia si sta caratterizzando per una decisa presa di distanza rispetto all’operato dell’amministrazione uscente. Legittimo, ma è giusto sapere che chi ha condiviso il percorso fatto negli ultimi anni, e certamente migliorabile, si ritroverebbe ad iniziare da capo senza sapere con quali obiettivi e con quali risorse
umane. Credo che dovrebbe essere più importante il recente operato di ciascuno piuttosto che pescare nei trascorsi politico sindacali o di volontariato di vent’anni fa e negli ultimi anni Andreatta ha fatto le proprie scelte dimostrando di saper partecipare ad un processo democratico, come quello della costruzione del PD, e di saper rispettare le scelte della maggioranza che ha eletto Pacher.
A Bortolotti, che con tutto il rispetto fa parte della società civile come tutti noi che facciamo politica, non posso attribuire tutte
le scelte fatte dalla Provincia nelle materie nelle quali aveva responsabilità dirigenziali o più recentemente della Patrimonio Spa, ma non posso nemmeno sapere se oltre ad aver partecipato alla fase costituente condivida il programma e le scelte del Partito Democratico e soprattutto se condivida e intenda continuare il percorso fatto per migliorare la qualità della vita e
dell’amministrazione della città di Trento. Percorso anche difficile ma partecipato, che ha cercato di rispettare i diversi bisogni della città, diverso dal modo sommario e sbrigativo con il quale Bortolotti dichiara di voler intervenire.
Che Andreatta sia il candidato scelto dal PD e che sia in continuità con l’amministrazione Pacher per me fa la differenza e, credo la dovrebbe fare per tutti coloro che hanno a cuore il Partito Democratico.

martedì 17 febbraio 2009

Andreatta per una città capace di sperare

L'Adige di oggi pubblica un intervento di Mattia Civico a sostegno della mia candidatura. Grazie.
Andreatta per una città capace di sperare
di Mattia Civico (http://www.mattiacivico.it/)
Il dibattito sulle primarie del centro sinistra per individuare il candidato sindaco di Trento sta entrando nella sua fase finale. Domenica 22 febbraio presso le circoscrizioni della città gli elettori esprimeranno la loro preferenza tra i quattro candidati. Qualcuno preferisce Bortolotti perché uomo d'azione, qualcun altro predilige Andreatta perché dedica tempo anche al pensiero, qualcuno Pompermaier perché è verde e altri Chiarello perché ha speso solo 60 euro per le foto. Immagino che ogni elettore maturerà la propria scelta in base a quelle che sono le proprie priorità, la propria storia personale, la conoscenza o meno dei candidati, il giudizio sull'attuale amministrazione, su ciò che è stato fatto e su ciò che rimane da fare e infine anche sulla base di una empatia che può essere scattata verso un candidato in particolare. Io ho scelto e voterò Andreatta perché lascia spazio alla speranza. Spiego in che senso.
La nostra città è sicuramente un luogo curato, pulito, organizzato… è in questo senso uno spazio più che vivibile: lo confermano anche le classifiche nazionali sulla qualità della vita che ci vedono sempre tra i primi posti. Ma non credo che basti. Una città non è solo un "buon contenitore", ma credo soprattutto uno spazio di relazioni: il nostro benessere di cittadini dipende certamente dalla qualità dei servizi che vengono erogati o da come vengono organizzati gli spazi, ma ancora di più dalla qualità delle relazioni che vengono costruite in questo luogo. Compito dunque di una amministrazione non è solo quindi organizzare risposte a esigenze concrete e materiali, ma anche (e per certi versi ed in alcuni casi soprattutto) curare e promuovere le relazioni.In tempo di crisi, ma è un principio che vale per ogni stagione, non possiamo pensare che ad ogni bisogno corrisponda un servizio pubblico. Non sarebbe sostenibile e neppure utile che, per esempio, alla solitudine si rispondesse esclusivamente con il servizio domiciliare: non è così per fortuna oggi. Alla solitudine è bene continuare a rispondere erogando servizi, ma certamente anche riconoscendo e valorizzando le risorse che ci sono: i tanti luoghi di relazione, le associazioni di promozione sociale, la capacità dei cittadini di auto-organizzare una parte di risposta.Per lavoro ho avuto la possibilità di lavorare a fianco delle persone anziane della nostra città in quel luogo vitale e positivo che è il Centro Servizi Anziani di via Belenzani. Un segno concreto dell'affetto e della riconoscenza che la nostra città esprime agli anziani. Ma soprattutto un luogo dove è forte il protagonismo degli anziani che non vengono "assistiti", ma ascoltati, valorizzati, sostenuti nella propria capacità di iniziativa. Come anche i 23 circoli pensionati ed anziani della nostra città: se ci pensiamo, una ricchezza che molto vale come strumento di contrasto alla solitudine. Ma penso anche alla capacità del Servizio Sociale di Trento e dei Poli Sociali di accogliere le persone nell'ascolto e nella valorizzazione delle risorse che hanno, sostenendo le realtà di volontariato e di cittadinanza attiva presenti sul territorio. Alcuni esempi di luoghi che godono di una costante attenzione, di manutenzione e di cura da parte della nostra attuale amministazione. Luoghi in cui vengono promosse le relazioni. E sono davvero tanti i luoghi che richiedono questa attenzione puntuale e precisa: chiedono un contenuto pensato collettivamente, non solo un contenitore.Le scelte che l'amministrazione di Trento sarà chiamata a fare nei prossimi anni, hanno molto a che fare con l'organizzazione degli spazi e in questo senso hanno molto a che fare con la qualità delle relazioni. Le scelte sul piano urbanistico (pensiamo all'idea di portare gli istituti tecnici della città fuori dalla cintura urbana, all'organizzazione dell'area ex Michelin o alla progettazione dell'area di Trento Nord post bonifica, i parcheggi e le ciclabili) avranno una influenza diretta sul benessere e sulla qualità delle relazioni nella nostra città. Perché la forma del contenitore influisce direttamente sulla forma del contenuto.
Desidero che il prossimo sindaco di Trento ponga attenzione a questa relazione stretta fra le scelte che dovrà fare e l'impatto che queste avranno nei nostri percorsi vitali.
Desidero dunque un sindaco che abbia la capacità di fermarsi a pensare, socializzando i suoi pensieri anche "fuori palazzo", lasciando spazio alle idee e alle suggestioni, alle esigenze o alle rivendicazioni, al contributo di tutti: che non abbia paura di questo spazio aperto fra un bisogno e la sua risposta. Quello è lo spazio in cui può crescere la partecipazione, le idee nuove e la speranza. Già: la speranza. Perché "l'importante è imparare a sperare. Il lavoro della speranza non è rinunciatario perché di per sé desidera aver successo invece che fallire. Lo sperare, superiore all'aver paura, non è né passivo come questo sentimento né, anzi meno che mai, bloccato nel nulla. L'affetto dello sperare si espande, allarga gli uomini invece di restringerli, non si sazia mai di sapere che cosa internamente li fa tendere a uno scopo e che cosa all'esterno può essere loro alleato. Il lavoro di questo affetto vuole uomini che si gettino attivamente nel nuovo che si va formando e cui essi stessi appartengono." Con queste parole di Ernst Bloch (Il principio speranza) auguro ad Alessandro Andreatta, che spero prossimo
sindaco di Trento, un buon camminare.

venerdì 13 febbraio 2009

Un Comune vicino ai cittadini

Leggo in un’intervista che Claudio Bortolotti ha una pessima opinione del Comune di Trento e un’ottima opinione della Provincia. “La popolazione sente che la Provincia è loro – dice Bortolotti - Il Comune invece no, il Comune è del sindaco e della Giunta. Quando si parla di Provincia si parla di ‘noi’, in prima persona plurale. Quando si parla di Comune, si dice ‘loro’, terza persona plurale”.
Capisco che Bortolotti dica “noi” quando parla della Provincia. Come lui stesso afferma, in Provincia ci ha lavorato per una vita e probabilmente con la Provincia continua a identificarsi, anche se è in pensione da poche settimane. Quel che mi meraviglia è il fatto che, a differenza della stragrande maggioranza dei nostri concittadini, Bortolotti dica “loro” quando parla di Comune.
In tutti gli interventi di questi ultimi tempi mi è sembrato di sentire in Bortolotti un forte pregiudizio anticomunale. Perfettamente legittimo se si parla di iniziative politiche, del tutto ingiustificato e inopportuno invece quando Bortolotti fa riferimento all’istituzione, alla “macchina” (da “rinnovare”, “rendere più efficace” e “trasparente”, come ribadito in più occasioni), ai dirigenti. Se c’è un sentimento che non va assolutamente alimentato è proprio la rivalità tra istituzioni, le rivendicazioni del tipo “noi siamo meglio di loro”, o “quando arrivo io, metterò apposto ogni cosa”.
Detto questo, voglio solo dire che la nostra percezione è diversa da quella di Bortolotti. In questi anni, la Giunta e il sindaco hanno sempre messo al primo posto il dialogo con i cittadini. Non dico solo che i nostri uffici, com’è ovvio e naturale, sono sempre aperti per chi ha un problema da risolvere. Dico anche che tutta la Giunta è sempre uscita sul territorio, si trattasse di illustrare il funzionamento della raccolta rifiuti “porta a porta” o di visitare i dormitori invernali o di risolvere i problemi di una frazione come Spini. In tutte queste occasioni non ci siamo mai sentiti “loro”. Ci siamo sentiti una città. Non voglio citare l’ennesima indagine (che comunque esiste, l’ha fatta il Sole 24 ore) a favore della mia tesi. Invito invece Bortolotti a vedere le testimonianze registrate nel Carrozzone parcheggiato in piazza Battisti qualche estate fa: il “film” è una lunga dichiarazione d’amore a Trento, in cui non solo i trentini, ma anche gli immigrati comunicano senza imbarazzo i propri sentimenti di appartenenza ai luoghi e alla comunità. Non credo che un’Amministrazione lontana o ostile sarebbe riuscita a suscitare una tale manifestazione d’affetto.

Alzare lo sguardo

Ieri, giovedì 12 febbraio, ho avuto il piacere di leggere un intervento dell'amico Michele Nardelli, sul quotidiano L'Adige. Ve lo ripropongo qui.
Alzare lo sguardo
di Michele Nardelli
Dovremmo imparare ad osservarla, Trento. Possiamo viverci, lavorarci, passeggiarci e non vederla. Non riuscire a metterne a fuoco i caratteri, le trasformazioni, la memoria. In ogni edificio, anche in quello più recente, possiamo leggere un tratto della storia della nostra città, ciò che esprimeva quel passaggio di tempo sul piano dei rapporti sociali o delle tendenze culturali. E’ un invito, il mio, ad alzare lo sguardo. A guardare con occhi diversi le immagini che ogni giorno ci passano davanti. A pensarsi in luoghi che prima di noi sono stati di altri e che dovremo consegnare ad altri ancora.
E’ questo, in primo luogo, che chiedo al candidato sindaco per il centro sinistra autonomista. Di sfuggire a quella sorta di autismo che ci porta a rincorrere gli avvenimenti piuttosto che ad interrogarci su dove intendiamo andare. Lo chiedo anche alla nostra comunità, spesso incline agli umori viscerali e ai rumori cupi che ne vengono, piuttosto che alla fatica dell’interrogarsi nella ricerca di risposte non banali o condizionate dalle paure, vere o irrazionali che siano.

Oggi Trento è una città che ci viene invidiata, ai primi posti delle classifiche della qualità della vita in Italia. Ma solo negli anni ‘60 e ‘70 non era affatto così. Gli effetti di una industrializzazione pesante si vedevano nell’aria e (si nascondevano) nei suoli. Così nelle vite di tanti operai che in quelle fabbriche del piombo o degli idrocarburi ci lavoravano e ci morivano. Erano gli anni delle carte moschicide nei negozi di alimentari e del mito della carne in scatola, del DDT e dei rifiuti bruciati a cielo aperto lungo il torrente Fersina della mia infanzia. I quartieri crescevano seguendo logiche speculative piuttosto che un disegno armonico, compromettendo il fondovalle e le colline, in quel delirio che nulla concedeva al bello e al profondo, quasi che tutto dovesse essere sacrificato sull’altare delle “magnifiche sorti e progressive” dello sviluppo. Ad un certo punto l’Adige riprese il suo vecchio corso, ma anche questo non fu motivo di riflessione collettiva sul nostro rapporto con la natura. Qualcuno, per la verità, cominciava ad interrogarsi, ma certo il concetto di sostenibilità non aveva allora grande cittadinanza.

Di quegli anni ci portiamo appresso ancora molte ferite. Le aree di Trento nord cariche di veleni, la collina in sofferenza, una parte del Bondone inguardabile, Piedicastello ancora in agonia, i “non luoghi” che molti si trovano ad abitare. I poteri forti, che nel mattone hanno avuto ed hanno il loro habitat naturale, hanno inferto colpi feroci alla città, ma questa ha saputo reagire. L’autonomia, la straordinaria stagione di partecipazione che furono gli anni ’70 (non dovremmo mai dimenticare il ruolo dei primi Comitati di Quartiere), ma anche la lungimiranza di una parte – trasversale – della politica, hanno fatto sì che la città potesse conoscere una nuova stagione. Così Trento è diventata una città gradevole da vivere (per la qualità dei suoi servizi e per le opportunità che offre), da visitare (per il suo patrimonio artistico ma anche per le sue proposte culturali), accogliente e distesa (per chi ci viene a studiare come per chi intende costruirsi una nuova esistenza lontano dai luoghi di origine). C’è da esserne soddisfatti ed un pochino orgogliosi.

Tutto questo non ci impedisce di vederne limiti e criticità. Intanto perché la sfida urbanistica è tutt’altro che vinta. Abbiamo di fronte la straordinaria occasione che ci viene dalla progettazione delle aree industriali dismesse e delle vecchie caserme ma sappiamo quanto l’“urbanistica contrattata” sia condizionata dalle richieste volumetriche dei costruttori. Alle grandi suggestioni urbanistiche dobbiamo riconoscere che non ha corrisposto la capacità della politica di ripensare la città capoluogo nelle sue funzioni e nel suo rapporto con la periferia. Com’è possibile, ad esempio, pensare alla riduzione del traffico cittadino se ogni giorno gravitano su Trento decine di migliaia di persone che qui lavorano e studiano? Questo per dire che – accanto alla fantasia dei Busquet o dei Piano – è necessario interrogarci su come possono incidere il telelavoro o la dislocazione di funzioni in altre aree della provincia. Viene inoltre sollecitata la “rivoluzione del bello” e sono d’accordo, perché se un luogo è privo di grazia, con fatica questa troverà spazio nell’animo di chi vi abita. Ma anche su questo piano non dovremmo esitare ad interrogarci sulle azioni possibili di “restituzione”, affinché Piedicastello – nel ripristino del suo aspetto di prima dello svincolo – non rimanga un fatto isolato. Ho in cuor mio l’idea di ri(n)tracciare il percorso fluviale, laddove oggi sorgono orrendi edifici (il parcheggio di via Petrarca, i palazzi che presero il posto dell’hotel Bristol o del Cinema Italia…) che andrebbero semplicemente abbattuti, affinché la memoria delle trasformazioni possa vivere nella moderna identità della città.

Ritorno alla memoria, perché non riguarda solo l’assetto urbano ma anche la qualità del vivere. Si usa dire che una società priva di memoria si condanna all’assenza di futuro. Cos’altro è, se non questo, lo spaesamento? Per questo temo l’imbarbarirsi delle relazioni, come esito di cambiamenti che non facciamo in tempo ad elaborare e che riverberano nella nostra comunità le contraddizioni (e le derive violente) che portano spesso con sé. Così come temo la solitudine, che dello spaesamento è insieme causa ed effetto, che ci rende aggressivi e che ci fa vivere in sottrazione rispetto ad ogni altro. Alzare lo sguardo significa entrare in comunicazione, con i luoghi e le persone. E riscoprire il piacere del dialogo.
Per questa stessa ragione, al pragmatismo preferisco “la fatica del pensare”. Ci sentiamo ripetere fino alla noia “fatti, non parole”: eppure dovremmo avere imparato che l’agire privo di pensiero non solo non porta da nessuna parte, ma produce disastri. Al pensiero collettivo, curioso ed aperto al cambiamento, dovrebbe servire la politica: un approccio che ho ritrovato nelle parole e nello stile di Alessandro Andreatta. Credo che le elezioni primarie per la scelta del candidato sindaco del “centro sinistra autonomista” offrano alla città di Trento una bella occasione per riflettere su di sé e riannodare passato, presente e futuro.

martedì 10 febbraio 2009

Obiettivo: lavorare in una coalizione

Da convinto sostenitore del confronto, devo ricordare in questa fase delle primarie che stiamo lavorando all’interno di una coalizione. E’ con questo pensiero che riprendo qui parte di una mia riflessione, già mandata agli organi di informazione il 16 gennaio.

In questo momento è importante non perdere di vista un elemento fondamentale: Trento sarà governata da una coalizione. Una coalizione che non deve dare per scontata la vittoria alle elezioni e che deve porre fin d’ora le basi per poter governare con serietà e coraggio, presentandosi unita di fronte alle scelte importanti. Il confronto rimane il metodo con cui le forze politiche devono operare per giungere sempre alle soluzioni migliori, ma è chiaro che è necessario superare l’interesse del singolo partito e fare sintesi delle diverse visioni e culture di cui si è espressione.

lunedì 9 febbraio 2009

L'incoraggiamento di Alberto Pacher

Oggi Alberto Pacher mi ha mandato alcune righe di incoraggiamento. Le pubblico qui.
Ciao Alessandro,
ho apprezzato molto il tuo intervento di giovedì sera alla Circoscrizione San Giuseppe-Santa Chiara.
Mi è piaciuta in particolare l’idea di città che hai saputo trasmettere. Mi è piaciuto l’orgoglio nel rivendicare il tuo impegno di politico “professionale” e non “professionista”. Mi è piaciuto quel tuo presentarti non come l’uomo dei miracoli – che, lo sappiamo bene, in politica proprio non esistono – ma come l’uomo dell’impegno concreto e quotidiano che ai problemi cerca soluzioni praticabili e il più possibile condivise. In questi anni passati insieme in Giunta abbiamo avuto modo di sperimentare come sia importante non accontentarsi della legittimazione garantita dalle urne: chi ha l’onore di governare una città deve cercarsi la propria legittimazione tutti i giorni, ascoltando le difficoltà dei cittadini e cercando di porvi rimedio.

Buon lavoro

Alberto Pacher

mercoledì 4 febbraio 2009

Solidarietà e rispetto delle regole

Venerdì 6 febbraio, alle 11.30, sarò ospite di Radio Dolomiti per parlare di sicurezza urbana. E’ un tema importante, che non può essere liquidato né con i numeri benevoli delle statistiche nazionali (Trento è considerata una delle città più sicure d’Italia) né con qualche slogan o ordinanza ad effetto. Mi spiego meglio. E’ del tutto fuori luogo e fuori tema far ricorso al buonismo quando siamo di fronte a comportamenti illegali che coinvolgono persone immigrate. Ma è altrettanto inutile la retorica della “tolleranza zero”, quella che colpisce vittime e carnefici, quella che, a puro scopo di propaganda, convoglia la rabbia della gente su un’intera categoria di persone.
Per sgomberare il campo dagli equivoci, è forse bene precisare che contrastare l’illegalità non significa prendersela con gli immigrati. E che far la guerra alla povertà non significa far la guerra ai poveri. Solidarietà e rispetto delle regole non sono in contrasto, anzi. Io credo che il Comune di Trento sia ancor più legittimato a richiedere a tutti comportamenti corretti proprio perché garantisce i dormitori invernali per i senza fissa dimora, proprio perché lavora per il reinserimento sociale di chi vive ai “margini”, proprio perché s’impegna perché tutti abbiano una chance.
Ma ritorniamo al tema iniziale. Come ho spesso avuto modo di sperimentare in più occasioni, quando si parla di sicurezza è l’approccio pragmatico quello che porta maggiori risultati: si individua il problema, si sentono tutti coloro che sono in qualche modo coinvolti e si cerca una soluzione praticabile e condivisa. E’, in fondo, quello che stiamo facendo per piazza Dante e via Pozzo. Recependo anche i suggerimenti dei cittadini, abbiamo anticipato l’orario di chiusura di un locale pubblico, abbiamo concordato con le altre forze di polizia un maggiore presidio del territorio, abbiamo previsto qualche cespuglio in meno e qualche lampione e qualche telecamera in più… Anche se siamo solo all’inizio, perché molti interventi devono ancora partire, la situazione è già un po’ cambiata e, ne sono certo, è destinata a migliorare ancora in futuro.
Non c’è libertà senza sicurezza e non c’è sicurezza se i cittadini non segnalano, non si allarmano quando vedono qualcosa che non va, se non mantengono alta la guardia e insieme la fiducia nelle istituzioni. All’Amministrazione comunale e alle forze di polizia tocca però il compito di guadagnarsela questa fiducia, di intervenire tempestivamente perché non dilaghi la frustrazione del “tanto non cambia nulla”. Il Comune, in particolare, deve anche vigilare per evitare il concentrarsi di situazioni problematiche in certi quartieri della città, deve governare i cambiamenti sociali, deve riqualificare le aree degradate. E, lo sottolineo nuovamente, deve ascoltare i cittadini e non sottovalutare le grida d’allarme. Perché, come ho scritto nel mio programma, quando una donna ha paura a tornare a casa la sera, è la libertà di tutti ad essere compromessa.